L'invio in Italia di un team di 30 tra medici e infermieri albanesi,in soccorso delle popolazioni che più stanno subendo l'attacco del COVID-19, testimonia della storica fratellanza tra due popoli divisi da poche miglia marittime ma uniti da una secolare vicinanza di cultura e di intensi scambi umani. Le parole del premier Edi Rama hanno posto l'accento sulla memoria dell'aiuto ricevuto nel recente passato dal Paese delle Aquile dal popolo italiano in un fraterno e solidale abbraccio e sull'imperativo morale avvertito dall'Albania e dagli albanesi di non abbandonare un proprio amico in difficoltà. In questa cirostanza, l'Archivio di Stato di Lecce ripropone una riflessione sui secolari rapporti tra Salento e Albania emersa in occasione della Mostra documentaria dal titolo "Stretti alle sacre icone. Greci e Albanesi della diaspora nel Salento medievale e moderno", un evento organizzato nel 2018 per le Giornate Europee del Patrimonio.
APERTURA STRAORDINARIA dell'Archivio di Stato di Lecce nel pomeriggio di sabato 22 settembre (ore 15.00-19.00) e nella mattinata di domenica 23 (ore 9.00-13.00) per visitare la Mostra Stretti alle sacre icone. Greci e Albanesi della diaspora nel Salento medievale e moderno, allestita nella sede di via Sozy Carafa, 15, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, appuntamento annuale promosso e organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il percorso espositivo illustra da un particolare punto di vista, quello delle comunità greco-albanesi residenti nel Salento, il ruolo privilegiato di crocevia di scambi culturali con le varie etnie del Mediterraneo svolto dal Tacco d'Italia nel corso dei secoli. Per questi esuli d'Oltreadriatico, costretti ad abbandonare le proprie terre per sottrarsi alla conversione forzata all'Islam, dopo la conquista di quei territori da parte dei Turchi Ottomani, il Meridione d'Italia rappresentò l'opportunità di ricostruire la propria esistenza tra popolazioni accomunate dalla fede e dai valori condivisi del cristianesimo, oltre che dall'antica appartenenza alla matrice culturale bizantina. Nell'anno in cui si celebrano i 550 anni dalla morte di Giorgio Castriota Scanderbeg (1468-2018), l'eroe nazionale albanese che aveva protetto con la sua spada non solo la sua patria, ma anche, sull'opposta sponda dell'Adriatico, la Puglia, assume un particolare significato il richiamo alle migrazioni di popoli che hanno lasciato nella nostra cultura un segno tangibile del proprio passaggio e del proprie usanze, anche quando hanno finito col tempo per assimilarsi alla popolazione autoctona. La mostra propone, a partire dal XV secolo, una serie di documenti che ci parlano di famiglie, di mercanti, di soldati mercenari, di persecuzioni subite da parte degli Infedeli e di devozione, in un quadro composito e ricco di sfaccettature, che delinea i tratti di comunità orgogliosamente e tenacemente legate alle proprie radici. E come non ricordare tra gli illustri salentini di lontane origini albanesi il nostro Tito Schipa, l'Usignolo del Belcanto che già nel cognome (Shqipe in albanese significa Aquila) denunciava la lontana provenienza della sua famiglia dal Paese delle Aquile.
Arricchiscono l'esposizione riproduzioni di costumi popolari albanesi, pannelli esplicativi del divenire storico dei Paesi d'Oltreadriatico ed altri materiali documentari messi a disposizione dall'architetto Bledar Torozi in rappresentanza delle Associazioni culturali italo-albanesi "Etnos" e "Vellazerimi", impegnate sul territorio nella creazione di stabili rapporti di scambio e di integrazione tra popoli fratelli. Una selezione di icone e di testimonianze religiose proviene dalla locale chiesa parrocchiale cattolica di rito bizantino di San Nicola di Mira, grazie alla collaborazione fornita all'iniziativa dal suo parroco, padre Nik Pace.